Leicester campione di Inghilterra. Un fatto più unico che raro, nell’era del calcio dei petrolieri e degli sceicchi. Non che le Foxes siano guidate da un presidente povero, ma certo la favola resterà per sempre. Ma la vittoria del team di Claudio Ranieri, avrà delle ripercussioni sul mondo delle scommesse.
Quel 5.000:1 che grida vendetta
Partiamo da un punto fondamentale. I bookmakers britannici non sono certo andati rotti. Hanno si pagato 12 milioni di pounds a chi aveva scommesso il Leicester campione, ma di sicuro hanno incassato tanti soldi in ante-post sulle big del campionato, che poi hanno tradito la fiducia degli scommettitori. Però quel 5.000:1 con cui le “Foxes” erano quotate lo scorso agosto, non lo vedrete mai più. Pensate che a 2.000:1 è pagata la possibilità di ritrovare vivo e vegeto Elvis Presley. Oppure a 3.000:1 lo sbarco degli alieni. Insomma nessuno ci credeva.
Una gestione del rischio pessima a stagione in corso
Gli stessi bookmakers inglesi si stanno però imputando la colpa di aver sottovalutato il fenomeno Leicester a stagione in corso. Si perché nonostante la partenza a razzo della squadra di Ranieri, nessuno credeva nell’impresa. Basti pensare che a Natale, la squadra veleggiava già al primo posto, ma la vittoria finale era quotata a 2.000:1. La cosidetta gestione del rischio, è andata di fatto a farsi benedire. A fine gennaio, Vardy e compagni erano ancora pagati a 1.000:1. Insomma non crederci va bene, ma così è stato un suicidio di strategia.
Mea Culpa
Insomma l’ammissione di sottovalutazione non è bastata a parare dalle critiche gli stessi allibratori, che anche in caso di successo del Tottenham si sarebbero trovati nelle identiche situazioni. Vero anche, che gli Underdog sono gli Underdog, ma sono stati ben troppo ottimistici, nella possibile rimonta vincente di una big. Il bagno di sangue, in termini di soldi persi è stato evidente.
Mai più quote cosi in terra di Sua Maestà
Di sicuro cambierà il modo di quotare da parte dei bookmakers inglesi, che hanno capito bene la lezione. Quote più basse in antepost, anche se l’imprevedibile resta tale e gestione del rischio a stagione in corso, meno superficiale.
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